1 La scatola di latta
2 Paolo Donini
3 Gianluca Carollo
4 Donini Bertollo Carollo
5 Chiara Bragiola
6 Giusva Lievore
7 Sergio Zanone
8 Donini Bertollo
9
10
11 Bertollo Carollo
12 gruppo


NEL BOSCO CON L`AUTORE 8va EDIZIONE


incontro con lo scrittore

PAOLO DONINI


LA SCATOLA Dl LATTA"


Letture a cura di Chiara Bragiola, Giusva Lievore, Sergio Zanone


lntermezzi musicali di GIANLUCA CAROLLO

Piovene Rocchiette (Vl) Località Angelo del Munte Summano, Sabato 3 ottobre 2020 ore 15:00 Per escursione a piedi dalla Birreria Vecchia, partenza alle ore 14:00

Presentazione di Armando Bertollo



"Nel bosco con l`autore". un evento culturale in ambiente naturale promosso dall'/Amministrazione Comunale di Piovene Rocchette, curato in sinergia dalla Biblioteca Comunale e dal sito di ricerca e promozione culturale Apuntozeta.name/Linguaggi dall`Alto Vicentino,con il suppono del Gam, nel 2020 arriva alla sua suo 8va. Edizione.

l curatori hanno sempre selezionato poeti,saggisti, artisti,performer, musicisti di alto livello e in più occasioni hanno proposto il dialogo tra parola poetica e la performance musicale: Ida Travi e Toni Moretti nel 2016 per esempio. Ma anche Stefano Guglielmin e Giuseppe Dal Bianco nel 2015; oppure Manuela Cerisara e Gastone Bortoloso lo scorso anno. Anche l`8va Edizione presenta un'abbinamento tra parola e musica con lo scrittore Paolo Donini e il musicista Gianluca Carollo. PaoloDonini ci presenterà il suo libro “La scatola di latta" (Edizioni Voland 2019), una narrazione moltooriginale scritta con un linguaggio estremamente raffinato e poetico,che ci parla della lettera P (i lPoeta) e del suo paese, ICS, i cui abitanti sono le lettere dell`alfabeto. Un giorno in quel paese. Senza alcuna causa evidente le parole cominciano a mancare e da allora iniziano a capitare altri bizzarri fenomeni. Un gran bel guaio, del quale ci dirà meglio Paolo Donini. Saranno letti dei brani del libro e seguendo le suggestioni della narrazione, durante gli intervalli oppure intervenendo casualmente, il musicista jazz di fama non solo nazionale, GianlucaCarollo, si inserirà in modo performativo. Sara un viaggiare, immersi nella splendida cornice paesaggistica del Monte Summano, tra le alchimie della parola e le magie del suono, in una atmosfera da fiaba, che ci porterà a riflettere in modo giocoso, ma non banale, su alcuni aspetti problematici, molto concreti, dell`epoca stessa in cui viviamo e del ruolo terapeutico rispetto ad essi che può assumere la lettura.








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RECENSIONI

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PAOLO DONINI è nato nel 1962 a Pavullo nel Frignano (Modena) dove vive. Svolge attività di operatore culturale e curatore di mostre d’arte. Ha pubblicato poesie e saggi sulle riviste «La Mosca di Milano», «Anterem», «La Clessidra», «Vernice», «Tracce». Nel 2005 ha pubblicato la raccolta Incipitaria (Genesi editrice, Torino). L’ablazione è il suo secondo libro.Nel 2018 pubblica LA SCATOLA DI LATTA, ed.VOLAND, con disegni di Paolo Donini.



Incipitaria






L’epica di queste pagine è tutta ordinata per simboli e per metafore. Infatti, diviene quasi inevitabile esprimersi in modo figurato — e per traslazioni e per allegorie — se si vuole, con la fervida determinazione del poeta, potere parlare prima che il linguaggio usato increspi la cristallinità delle acque, come farebbe la prora della nave che volesse procedere davanti all’onda che essa stessa suscita al passaggio. Ci dà notizia, infatti, il poeta, della sua incontaminazione espressiva capolinando da un oblò aperto quasi per caso inopinato nella fiancata del suo naviglio: Se mi salvo nei nomi / è perché non ho nulla nelle cose. // Né le cose hanno me.
[…]
A chi scrive, è capitato di chiedere all’autore il significato del ricorso al carattere corsivo, usato per contrassegnare alcuni testi collocati in posizioni strategiche ovvero caricati di significati determinanti. Fra le altre informazioni, Paolo Donini ha ritenuto opportuno specificare che c’è un salto di registro […], nei corsivi parla la medesima voce ma su un piano aperto e corale, con un controcanto che viene dall’essere là fuori nella lingua che impera, come in un campo di prigionia dove tutto sembra dimenticato e anche il lirismo personale della perdita sembra tacere. Quella medesima voce è pur sempre la voce dell’autore che, all’interno del libro, si sposta nei differenti piani di ricerca e di documentazione, fino a darci conto delle tracce e delle orme del dicibile, in omaggio alle quali piace, a chi scrive questa nota, ricordare in forma esemplare il discorso di Paolo Donini con questi versi di congedo: La purezza di una sillaba antelucana, / splende nella lingua d’ombra, custode / al valore dei labbri, ha sgranato / questa parola che permane anzi sé; il segreto di questo anticipo / dato alla frescura e alla quiete d’un silenzio preposto / è il vasto eloquio compreso in pace, / la lettera infinitamente iniziale o grande vocale, antevocale: / l’incipitaria.

Sandro Gros-Pietro







L'ablazione


L'ablazione



Con “L’ablazione” Paolo Donini scrive un’opera di eccezionale valore e di eccezionale tensione. In un paesaggio di ombre e ipermercati, detriti e rovine urbane, il particolare realistico e la forza simbolica si intrecciano splendidamente. Più la scena è dettagliata — i fori d’entrata, la mano gonfia dietro la schiena, il sesso riempito di sabbia — e più si carica di sensi oscuri. Salvezza, morte e parola stringono un abbraccio originario. Veniamo condotti in un luogo purgatoriale dove siamo inquirenti e indiziati. Dobbiamo parlare. L’omicidio si lascia scrutare solo dalla voce poetica, mentre un viavai di poliziotti si affanna nello stereotipo dei verbali e dei referti. Solo quella voce può entrare nel corpo, che fin dall’inizio era un corpo di parole: «sulla schiena l’alfabeto imbrattato», «hai un livido | sul nome», «inizi a perdere senso dalla tempia, dal collo, battito, sangue | dalla ferita inarrestabile».


dalla presentazione di Milo De Angelis






Per gentile concessione dell' Autore, si pubblicano alcune poesie tratte da “L' ablazione”




Una stanza, tutto è a posto, anche

il granello di polvere anche il raggio

di luce, limpida, ortogonale, quando arriviamo

non c’è più nessuno ma lì è successo.

Non ricordiamo,

hanno ripulito tutto, non sappiamo

cosa accadde, nemmeno che accadde

qualcosa, non c’è più niente che (lo) provi. Tutto

è dato nel proprio ordine, tutto

è lindo e c’è, giustamente c’è — è prevista —

una zona di polvere, opaca, una macchia

di sangue — apriamo la finestra, si respira a fatica, in fondo

alla campagna si scorge delinearsi nettamente l’orizzonte del pen-

siero.


(p 18)






C’è un campo davanti alla casa, è coperto

ma qua e là la neve si è sciolta, ha lasciato

intravedere il nero, ogni tanto passa un cane del pensiero — c’è

[un albero

che trema sempre oltre il dire, tu nel meriggio

hai un + sulla tempia, sull’altra un -


un corvo è sullo steccato, disegnato; nell’anno ameno,

in due usciamo a cogliere il nome dei fiori nel prato:

l’ucciso è riverso là sullo sterrato,

la porta si chiude all’azzurro irrisolto;


si mangia qualcosa, si fa un pisolino, il vento

circola nella bocca — piove, annotta, nel campanello

s’illumina l’inquilino: un misero caso di morosità —

chi da fuori guardasse

dalla finestra vedrebbe sul capo chino

al tavolo della cucina, sotto il filo

della lampadina, pendere l’ombra anamorfica dello sfratto —

la fortuna non è nella mano, una piccola

asta compie il suo atto, segna le ore del palmo

al bagliore di cieli vani — ed è qui che viviamo.



(p 19)








Fai le tue preghiere una a una

nella terra del canto, non hai altro


che questo vento alle dita, giunto

da una finestra qualunque


lasciata aperta, soffio

dal buio, paese delle cose


che alla soglia si arrese sfinito ma vi lasciò

la misura bianca alla fronte perché


si inventasse un bene e il suo segno.


(p 37 )








La voce che muore nel giorno

si trascina fin qui, a questo foglio di luce

come a un abbeveratoio, il grande discorso

cade in ginocchio

colpito in tutte le strade.



(p 56 )







Contano i sospiri le urla

e respirare, vivere è questo contare


le urla una a una, qui dalla carne vicina

lasciata aperta: cigola la testa che pensa


la flaccida insensatezza del male, quell’andare

qua e là come a caso ma poi fare


esattamente il punto, la punta, l’uncino.



(p 106)







C’è un punto preciso dove il metallo

ha toccato l’occhio, lì


non c’è immagine

ma labbro sfondato, lo scontro


è questo, sempre

tra punta e nome


tra il colpo e la voce,

dunque tu offriti e inizia a parlare.



(p 107)







Non ne eravamo certi ma tu

non eri più qui: il vento che apre

una finestra — il lampo che dirama, la grandine

al vetro — non è un segno, nessuno ci chiama, solo questo

che tu graffi di notte alla porta

è un segno, runa o impronta

che ti annuncia e non si decifra: ieri abbiamo

girato tutte le cose e non c’era

il nome, abbiamo ordinato il paesaggio, preso

dimore qualunque, terre

coltivabili ma dicono che stai

già col prato, salti il fossato, vai nell’incolto; dicono che

ti contenti dei sassi e conosci le tane, che eludi i divieti,

sai dove sono gli squarci nelle reti, urli di notte

qualcosa di felice che noi non abbiamo più.



(p 114)








Quando ti chiamavo per nome

la bocca si riempiva di vento, un’ora

scontenta sul mondo porta

a vivere così, quando il bene resta solo

tu vieni presa e fermata, iniziano

a contarti i centesimi sulle ciglia

ti viene tolto il minuto e sei

viva senza mondo.



(p 115)



LA SCATOLA DI LATTA


LA SCATOLA DI LATTA


Così la sua oziosa giornata ne conteneva un'altra,

operosa, ilare, incessante, fortunosa.”


P è una creatura senza storia né età, un artista o un poeta (“il che per molti aggiungeva un mistero al mistero”); vive isolato nella piccola comunità di Ics osservandola dalla sua soffitta “come in fondo alla lente di un cannocchiale”; apparentemente non fa nulla e non si sa come riesca a campare, salvo sperperando il patrimonio di famiglia. Beato praticante della pigrizia come sottile forma di eversione, finirà inaspettatamente nel cosiddetto corso della realtà quando iniziano a prodursi bizzarri fenomeni che travolgeranno la pacifica vita della cittadina. Tra epidemiche amnesie, primavere in pieno inverno, scombussolamenti urbanistici, inspiegabili sparizioni, la chiave del rebus è sotto gli occhi di chi legge. La scatola di latta è un'avventura ironica nel labirinto del linguaggio, una fabula universale sulla lettura come viaggio verso la salvezza.





"Il segno e il paesaggio", Pavullo nel Frignano 201 : curatore della mostra Paolo Donini

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